Tito e Giulio Ricordi
Di un sodalizio fondato su reciproca stima e affine sensibilità, tra il Maestro e i suoi principali editori, parlano le centinaia di lettere che Verdi e Giulio Ricordi si corrisposero nell’arco di circa quarant’anni.
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Tito e Giulio Ricordi
La casa editrice Ricordi venne fondata da Giovanni Ricordi (Milano, 1785 – ivi, 15 marzo 1853), il quale nel 1808 aprì a Milano una tipografia musicale di fronte al Duomo per poi trasferirsi dal 1815 nei pressi del Teatro alla Scala. Nonostante Giovanni fosse stato il primo editore di Verdi, il Maestro ebbe come interlocutori privilegiati di Casa Ricordi il primogenito Tito, prima e poi il figlio di quest’ultimo, Giulio, che entrò nella ditta di famiglia nel 1863. Verdi ebbe rapporti spesso difficili con i suoi editori; non furono rari i contrasti legati, in particolare, ai compensi proposti e a diritti degli editori non sempre compresi o accettati dal Maestro.
Significativo il duro scambio con Giovanni causato da un equivoco (per meglio dire da una disattenzione di Verdi) sui diritti della traduzione francese di Luisa Miller. La situazione non migliorò con il passaggio di testimone a Tito, il quale sulla questione riguardante il noleggio de Il trovatore, così si rivolse al Maestro: «Si pretende […] che pel nolo del Trovatore […] aggiungesti altra piccola somma a causa di ritardo da te preteso dannoso per vendita di stampa. Se ciò è vero, mi permetto dirti che è cosa non bella […], speravo che non ti saresti servito di queste sottigliezze con me, che tante e tante volte ho fatto ben più di quello che doveva; con me, che sono in gran parte l’origine della tua colossale fortuna!» (24 ottobre 1855). Sull’altro fronte, Verdi nel 1874 pretese chiarimenti da Tito circa presunte irregolarità nella gestione dei diritti d’autore: «Io voglio distinguere Tito Ricordi, dall’Editore, ed è per questo che domando a Tito Ricordi di dirmi francamente come stanno le cose; ché se i gerenti dell’Editore non hanno avuta cura de’ miei interessi, ciò malgrado io non metterò Tito Ricordi nell’imbarazzo d’una lite: ma permettimi di dire ancora una volta che la Casa Editrice ha trattato con me senza considerazione alcuna» (11 marzo 1874). Nonostante le incomprensioni, spesso smussate dall’intervento mediatore di Giuseppina Strepponi, fu sempre altissima la considerazione di Verdi per la famiglia Ricordi. Verdi scrive ad un amico: "Unitamente a questa mia, riceverete dalla Ferrovia una cassetta contenente due spallette uso San Secondo, che noi mandiamo una per voi e una per la famiglia Ricordi. Scegliete quella che volete. Badate che, per cuocere bene la spalletta bisogna: 1)metterla nell’acqua tiepida per circa due ore, onde levargli il sale. 2)Si mette dopo in altra acqua fredda, e si fa bollire a fuoco lento, onde non scoppi, per circa tre ore e mezzo, e forse quattro la più grossa. Per saper se la cottura è al punto giusto, si fora la spalletta con un cure-dents e, se entra facilmente, la spalleta è cotta. 3)Si lascia raffreddare nel proprio brodo e si serve. Guardate soprattutto alla cottura; se è dura non è buona, se è troppo cotta diventa asciutta e stopposa". Con l’ingresso di Giulio Ricordi nella storica casa editrice, Verdi poté finalmente relazionarsi con un interlocutore di alto profilo intellettuale la cui gestione della società (tale fu il profilo assunto dalla ditta sotto la gestione di Giulio, operazione agevolata dallo stesso Verdi, che prestò all’editore 200.000 lire) coincise sia con il ritorno in pianta stabile del Maestro nel cartellone delle stagioni d’opera della Scala, sia con il lancio internazionale degli ultimi capolavori verdiani: Otello, prima partitura pubblicata a stampa nei torchi di Casa Ricordi, e Falstaff.
Di un sodalizio fondato su reciproca stima e affine sensibilità, parlano poi le centinaia di lettere che Verdi e Giulio Ricordi si corrisposero nell’arco di circa quarant’anni.